Congedo parentale verso tre mesi pagati stabilmente all’80 %

Il Sole 24 Ore|21 ottobre 2024|PRIMO PIANO|p. 5|di Valentina Melis

Tre mesi di congedo parentale indennizzati stabilmente all’80% – utilizzabili in alternativa da entrambi i genitori – fino ai sei anni del figlio. È uno degli interventi per i lavoratori dipendenti che dovrebbe trovare spazio nella manovra per il 2025, secondo le indicazioni emerse dopo il Consiglio dei ministri del 15 ottobre, che ha approvato il disegno di legge di Bilancio (il testo dovrebbe essere depositato in Parlamento questa settimana). Ai due mesi di congedo indennizzato all’80% previsti per il 2024, si aggiungerebbe dunque in maniera stabile un terzo mese con trattamento economico potenziato, a disposizione in alternativa della lavoratrice madre o del padre. L’obiettivo è attenuare lo svantaggio dell’indennizzo al 30% (la misura ordinaria). Una riduzione consistente della retribuzione può infatti scoraggiare l’uso del congedo facoltativo per il genitore con lo stipendio più elevato. L’altro obiettivo – comune ad altre disposizioni annunciate dal Governo, come il bonus da mille euro per i nuovi nati – è quello di invertire il trend di discesa costante delle nascite, arrivate ad appena 379mila nel 2023.

Nove mesi pagati ma da dividere
Il congedo parentale è il periodo di astensione facoltativa dal lavoro che i lavoratori e le lavoratrici dipendenti del privato o del pubblico possono usare, dopo la fine dell’astensione obbligatoria per maternità o paternità, per prendersi cura dei figli. In via ordinaria, è coperto, fino al dodicesimo anno di età di ciascun figlio, da un’indennità pari al 30% della retribuzione, che spetta a ciascun genitore per tre mesi, non trasferibili all’altro. I genitori hanno poi diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, sempre indennizzati al 30% dello stipendio. In tutto quindi, i mesi coperti da indennità sono nove fra i due genitori. Con la disposizione in arrivo, tre di questi nove mesi passerebbero stabilmente a un’indennità pari all’80% dello stipendio. Ma quanto incide l’innalzamento della retribuzione? Nel 2023 è stato introdotto un mese all’80%, poi portato a due nel 2024. I primi dati disponibili, pubblicati dall’Inps nel XXIII Rapporto annuale, riguardano un campione di genitori che hanno concluso il congedo obbligatorio nei tre mesi precedenti e nei tre successivi al 31 dicembre 2022 (cioè a cavallo dell’entrata in vigore della legge di Bilancio 2023 che ha introdotto il primo mese all’80%): emerge che l’uso del congedo facoltativo è aumentato del 3,77% per le madri e dello 0,82% per i padri. La variazione per i padri è molto bassa, ma anche l’uso del congedo parentale da parte degli uomini, sebbene aumentato negli ultimi anni, è molto ridotto rispetto a quello delle lavoratrici. I padri nel 2023 sono stati il 26% dei fruitori di congedi parentali. Fa lenti passi avanti anche il congedo “obbligatorio” per i padri, in occasione della nascita o dell’adozione del figlio (che in realtà non tutti i neo-papà utilizzano) ed è stato stabilizzato a 10 giorni dal 2021. Il fruitori sono stati 182.991 nel 2023.

Il caso tedesco e le altre misure
L’allungamento del congedo parentale indennizzato all’80% avvicina l’Italia ad altri Paesi europei, come nota Carolina Castagnetti, docente ordinaria di Economia politica all’università di Pavia ed esperta di economia di genere: «In Germania – spiega – le madri in congedo parentale ricevono il 65% del loro reddito mensile, calcolato sui 12 mesi prima del periodo obbligatorio di maternità, con un massimo di 1.800 euro al mese, e questo beneficio può durare fino a un anno dopo la nascita del figlio. È importante che l’aumento all’80% dell’indennità per il congedo parentale in Italia sia stabilizzata e possibilmente allungata nel tempo». Coprire i primi mesi di vita dei figli con un congedo ben pagato potrebbe ridurre anche il fenomeno del ricorso al lavoro part time, che in Italia riguarda il 31,4% delle lavoratrici. «Dopo aver coperto con il congedo i primi mesi di vita del figlio – spiega ancora Castagnetti – le donne potrebbero più facilmente tornare a lavorare a tempo pieno, evitando le penalizzazioni economiche collegate alla maternità». La legge di Bilancio 2025 contiene altre due misure per rilanciare la natalità: la «Carta per i nuovi nati», da mille euro, per i neogenitori con Isee fino a 40mila euro, e un rafforzamento del bonus nido.